Queste righe sono un sunto dell'articolo di Maura Sanchez Escudero pubblicato da Cibotoday Il seme di sesamo non misura nemmeno mezzo centimetro, eppure occupa un posto di rilievo nella cultura culinaria della Sicilia. Introdotto dagli Arabi durante la dominaziones ull’isola, fu a Ispica che trovò il suo territorio di adozione e dove si coltiva da allora grazie alle condizioni climatiche e ai terreni paludosi.La pianta ha attecchito tanto bene quanto il suo nome, e da cui deriva anche lo spagnolo ajonjolí.Il sesamo è molto apprezzato in Sicilia che aggiunge consistenza e sapore spolverato sopra i diversi tipi di pane, come la o il torcigliato.O sopra la , il pane impiegato tradizionalmente per ospitare le due portate classiche dello street food palermitano: la milza e le panelle.Legate a Palermo e al sesamo sono anche le reginelle, biscotti secchi e croccanti conosciuti come dalla particolare denominazione data al sesamo nel capoluogo siciliano: cimino. Nel caso del sesamo siciliano, il suo uso culinario ha mantenuto in vita questa varietà poi diventata presidio Slow Food nel 2016.Nello stesso anno si è costituita l’Associazione Giuggiulena che riunisce quindici soci tra produttori e trasformatori, di cui Salvatore Gambuzza è l’attuale presidente. Se parliamo di pasticceria, è nella che il sesamo gioca un ruolo cardinale. L’identificazione di questo popolare torrone con il suo ingrediente principale è tale che viene chiamata semplicemente " , diventandone appunto sinonimo.Grazie al profondo radicamento dell’elaborazione domestica della cubaita nel ragusano, la varietà di sesamo di Ispica è riuscita a salvarsi dall’estinzione. Ma forse la vera magia sta in ciò che nasconde all'interno del seme: l’olio. Circa il 30% del sesamo è costituito da olio, molto apprezzato per l'uso a crudo, e anche come cosmetico, due prodotti che Gambuzza ha iniziato a commercializzare insieme algomasio, un condimento con il 92% di sesamo e un 8% di sale, e la tahina, la nota crema di sesamo tostato essenziale per fare l’hummus. [gallery ids="54885"]
giuggiulena in siciliano, dall'arabo ǧulǧulān
mafalda
vastedda
viscotta 'nciminati,
Secondo la FAO, tra il 1900 e il 2000 è andato perso il 75% della diversità delle colture.
cubaita
giuggiulena"