Il rapporto fra intellettuali e potere, la complessità dell’animo umano contro ogni semplificazione; uno sguardo su un passato che, per certi versi, somiglia al nostro presente.
Lettere a Bernini si svolge interamente in un giorno d’estate dell’anno 1667, esattamente il 3 agosto. In scena, nel suo studio di scultore, pittore e architetto, il vecchio Gian Lorenzo Bernini, interpretato e un’ infuriata con Francesca Bresciani, intagliatrice di lapislazzuli che ha lavorato per lui nella Fabbrica di San Pietro e lo accusa, di fronte ai cardinali, di non pagarle il giusto prezzo per il suo lavoro.
Da questa vicenda, storicamente documentata. In questo atelier nel quale, mentre scolpiva e creava, parlava con i cardinali, impartiva degli ordini ai suoi artigiani e spesso, appunto, si infuriava – Bernini evoca l’ombra dell’odiato rivale, Francesco Borromini.
Così, fra una citazione di un papa e una di un cardinale, il Bernini incarnato da Marco Cacciola parla di Hitler e di followers, catapultando il pubblico immediatamente dal Seicento che parla di noi
Così il regista Marco Martinelli:
“Bernini era una figura piena di contraddizioni, capace di violenze e di prepotenze da una parte e di momenti, invece, di grande umanità, altrimenti non ci avrebbe regalato tutti i suoi capolavori”
La vicenda pare attualissima, in un’epoca, la nostra, dominata da (anti)ideologie semplificatorie e gogne mediatiche di ogni tipo.
Lettere a Bernini regia di Marco Martinelli. Teatro Biondo dal 2 sino al 6 aprile www.teatrobiondo.it
Nella foto di scena Marco Cacciola nei panni o di Bernini
